C’è un momento nel film “Romy & Michelle” in cui trattengo il respiro. Non importa quante volte ho visto questo cult degli anni ’90, vengo sempre trasportata nei miei ricordi di teenager, e spero sempre che la scena in cui Romy viene tacciata come bugiarda sia diversa.
Ogni volta mi sento imbarazzata per lei: mi imbarazza vedere com’eravamo.
Amiamo le storie di redenzione perché toccano il desiderio disperato che abbiamo di trasformarci in qualcosa diverso da noi stessi. Per cercare sollievo dai traumi di quando eravamo teenager, per trovare stabilità da ventenni, per trovare fiducia, compagnia e comprensione a trent’anni.
Visto che sto per entrare nella seconda metà della mia terza decade, è giunto il momento di lasciare alcune narrazioni di vecchia data di me stessa nel passato. Quando voglio incontrare persone nuove, spesso parlare del mio passato mi fa sentire come se avessi addosso una camicia troppo stretta e fuorimoda.
Il passato, anche quello più recente, mi ha profondamente cambiata: le cose di un tempo sono ormai lontane al punto da sembrarmi la storia di qualcun altro.
C’è voluto un po’ prima di sentirmi a mio agio con la mia nuova esistenza. Le trasformazioni possono essere dolorose. Poi, lentamente, arriva il tempo in cui il filo col passato si rompe e si inizia a fluttuare nel presente, ritrovando il piacere della propria evoluzione.
Da lì la necessità di compiere l’ultimo passo per lasciar andare le storie che ho raccontato a me stessa, tutto ciò che è accaduto nei miei anni dell’adolescenza e dei venti, per accettare ciò che è possibile nel mio futuro.
Quando abbracciamo la nostra umanità, affrontiamo gli angoli più profondi della nostra mente, dove prospera la vergogna. Quando facciamo luce sui sentimenti che proviamo, quando disimballiamo le nostre ferite e traumi, troviamo la nostra libertà.
Alla luce del giorno, tutte le volte che non siamo stati all’altezza del nostro potenziale, iniziamo a vedere le cose per ciò che sono: storie obsolete, errori di percorso mascherati da ferite di battaglia. Ma non sono cicatrici visibili, siamo solo noi a mantenerle in vita: tutto dipende da noi.
Il disagio emotivo è dove possiamo trovare la forza di diventare chiunque vogliamo essere.
È difficile lasciar andare le persone che eravamo, ma è il solo modo per abbracciare un nuovo tipo di libertà, che guarda verso ciò che è possibile, che ci consente di accettare nuove possibilità che erano, negli anni passati, invisibili agli occhi.
In che modo le scelte che si fanno contraddicono la persona che si é? Molti sono benedetti dalla libertà di comportarsi e di agire secondo il loro libero arbitrio. Eppure, spesso ci si ritrova a credere che i pensieri siano realtà e le opinioni fatti, motivo per cui ci si giudica pesantemente.
Quindi chiediti: come sarebbe la vita se non credessi a ogni pensiero che ti passa per la testa?
In che modo le tue emozioni guidano ciò che fai?
In che modo ti ritieni responsabile dell’idea di qualcun altro su chi dovremmo essere?
Quanto spesso vai contro ciò in cui credi?
I nostri pensieri non sono la nostra realtà. Le nostre opinioni non sono un dato di fatto.
Sono le nostre azioni, le nostre parole, le nostre scelte, a plasmare ciò che siamo e quello che possiamo diventare.
Lascia un commento